Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  la  Presidenza  del
Consiglio dei ministri (codice fiscale n. 80188230587) in persona del
Presidente   pro-tempore,   rappresentata   e    difesa    ex    lege
dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale n.  80224030587;
PEC:   ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it;   fax   06/96514000)    ed
elettivamente domiciliata presso i  suoi  uffici  in  Roma,  via  dei
Portoghesi n. 12 - ricorrente. Contro la Regione Veneto,  in  persona
del Presidente pro-tempore, dott. Luca Zaia,  con  sede  in  Venezia,
palazzo Balbi - Dorsoduro, 3901 - resistente, per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale degli articoli  11  e  20  della  legge
della Regione Veneto 25 luglio 2019, n. 29, pubblicata nel Bollettino
Ufficiale della Regione n. 83 del  30  luglio  2019,  recante  «Legge
regionale di adeguamento ordinamentale 2018 in materia di governo del
territorio e paesaggio, parchi, trasporto pubblico, lavori  pubblici,
ambiente, cave e miniere, turismo e servizi all'infanzia». 
    La legge regionale indicata  in  epigrafe,  che  detta  norme  in
materia di governo del  territorio  e  paesaggio,  parchi,  trasporto
pubblico, lavori  pubblici,  ambiente,  cave  e  miniere,  turismo  e
servizi all'infanzia, e'  censurabile  relativamente  alle  norme  di
seguito indicate che si pongono in contrasto con l'art. 117,  secondo
comma, lettera m), della Costituzione,  che  assegna  allo  Stato  la
competenza legislativa esclusiva in  materia  di  determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale,
con  il  medesimo  art.  117,  secondo  comma,   lettera   e)   della
Costituzione, che riconosce allo Stato la competenza  in  materia  di
tutela  della  concorrenza,  nonche'  con  principi  fondamentali  in
materia di governo del territorio, violando quindi l'art. 117,  terzo
comma della Costituzione. 
 
                               Motivi 
 
    l.  La  norma  contenuta  nell'art.  11  inserisce  nella   legge
regionale n. 11/2004 - recante norme per il governo del territorio  e
in  materia  di  paesaggio  -  un  nuovo   art.   40-bis,   rubricato
«Disposizioni  relative  a  immobili  costitutivi  della  memoria   e
dell'identita' storico-culturale del territorio». 
    Detta disposizione, al comma 5, prevede l'esenzione del pagamento
del contributo di costruzione nell'ipotesi di cambio di  destinazione
d'uso di immobili  funzionali  alla  conservazione  della  memoria  e
dell'identita' storico-culturale del territorio, al  ricorrere  delle
ulteriori condizioni ivi previste (riconoscimento da parte del comune
di  un  interesse  pubblico,  sussistenza  di   adeguate   opere   di
urbanizzazione  primarie  e   mancanza   di   aumento   dei   carichi
urbanistici). 
    Il contributo di costruzione  e'  disciplinato  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 380/2001 «Testo  unico  dell'edilizia»
il cui art. 16 prevede che, salvi i casi di esenzione,  «il  rilascio
del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo
commisurato all'incidenza degli oneri di  urbanizzazione  nonche'  al
costo di costruzione». 
    Il successivo art. 17 dello stesso TUE disciplina puntualmente le
ipotesi di esenzione dal pagamento, circoscrivendole ai casi di: 
        a) interventi da realizzare nelle zone agricole  in  funzione
della  conduzione  del  fondo  e  delle  esigenze   dell'imprenditore
agricolo a titolo principale; 
        b) interventi di ristrutturazione e di ampliamento, in misura
non superiore al 20 per cento di edifici unifamiliari; 
        c) impianti, attrezzature, opere  pubbliche  e  di  interesse
generale realizzate dagli enti istituzionalmente  competenti  nonche'
per le  opere  di  urbanizzazione,  eseguite  anche  da  privati,  in
attuazione di strumenti urbanistici; 
        d) interventi da realizzare  in  attuazione  di  norme  o  di
provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamita'; 
        e) nuovi impianti, lavori, opere,  modifiche,  installazioni,
relativi alle fonti rinnovabili di energia,  alla  conservazione,  al
risparmio e all'uso razionale dell'energia, nel rispetto delle  norme
urbanistiche, di tutela artistico-storica e ambientale. 
    Pertanto, nell'ipotesi di cambio di destinazione  d'uso  sussiste
l'obbligo di corrispondere gli oneri di urbanizzazione  in  relazione
alla situazione esistente al momento della presentazione della SCIA o
del permesso di costruire. 
    In  tal  senso   si   e'   espressa   anche   la   giurisprudenza
amministrativa (Consiglio di Stato, sez. IV,  4  settembre  2012,  n.
4670), considerato che la quota  relativa  al  costo  di  costruzione
appare comunque  dovuta  anche  in  presenza  di  una  trasformazione
edilizia che, indipendentemente dall'esecuzione fisica di  opere,  si
rivela produttiva di vantaggi economici ad essa connessi,  situazione
che si verifica per il mutamento di destinazione o comunque per  ogni
variazione anche di semplice uso che comporti un  passaggio  tra  due
categorie funzionalmente autonome  dal  punto  di  vista  urbanistico
(Consiglio di Stato, sez. IV, 3 settembre 2014, n. 4483). 
    Codesta Corte, nella sentenza n. 1033 del  1988,  ha  evidenziato
che  rientrano  nell'ambito  delle  disposizioni  di  principio   non
soltanto quelle che definiscono l'onerosita' dell'attivita' edilizia,
ma anche quelle che,  incidendo  su  tale  principio,  «concorrono  a
determinare l'effettiva portata e la caratterizzazione  positiva  del
principio medesimo», in quanto ad esso  «legate  da  un  rapporto  di
coessenzialita' o di integrazione necessaria». 
    E' stata pertanto riconosciuta la natura di  norme  di  principio
alle  disposizioni  contenenti  deroghe  o   riduzioni   dell'importo
ordinariamente previsto del contributo di costruzione. 
    Piu'    recentemente,     codesta     Corte     ha     dichiarato
l'incostituzionalita' di alcune norme di una legge  regionale  ligure
recanti  ipotesi  di  esonero  dal  pagamento   del   contributo   di
costruzione di interventi edilizi ad esso invece  soggetti  ai  sensi
della normativa statale: «Le fattispecie di esonero introdotte  dalle
norme regionali impugnate  vanno  al  di  la'  di  queste  ipotesi  e
contrastano, dunque,  con  i  principi  fondamentali  della  materia.
L'onerosita' del titolo abilitativo "riguarda  infatti  un  principio
della disciplina un  tempo  urbanistica  e  oggi  ricompresa  fra  le
funzioni  legislative  concorrenti  sotto  la  rubrica"  governo  del
territorio» (sentenza n.  303  del  2003),  e  anche  le  deroghe  al
principio  (elencate  all'art.  27  del  TUE),  in  quanto  legate  a
quest'ultimo da un rapporto  di  coessenzialita',  partecipano  della
stessa natura di principio fondamentale (sentenze n. 1033 del 1988  e
n. 13 del 1980) - (Corte costituzionale, sentenza n. 231/2016). 
    2. Inoltre, alla luce del combinato disposto dei commi 2 e 5  del
nuovo art. 40-bis inserito, per effetto del predetto  art.  11  della
legge regionale in oggetto, all'interno della legge regionale  n.  11
del 2004,  si  rileva  un  ulteriore  profilo  di  contrasto  con  la
disciplina statale di riferimento, in particolare,  con  il  disposto
dell'art. 16, comma 4, lettera  d-ter)  del  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  n.  380  del  2001),  laddove  si  stabilisce  che
«l'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e  secondaria  e'
stabilita con deliberazione  del  consiglio  comunale  in  base  alle
tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni in
relazione: [...] d-ter) alla valutazione del maggior valore  generato
da interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o
con cambio di destinazione d'uso.». 
    Si tratta di una disposizione  di  principio  che  disciplina  la
fattispecie  del  «contributo   straordinario»   connesso   a   nuove
valorizzazioni urbanistiche in ambito nazionale. 
    A tale  conclusione  si  giunge  se  si  considera,  appunto,  il
contesto in cui la  disposizione  di  cui  al  suddetto  comma  5  e'
collocata, essendo la stessa  inserita  all'interno  del  nuovo  art.
40-bis della legge regionale n. 11 del 2004, il quale,  al  comma  2,
prevede l'approvazione, da parte del comune, di una variante al Piano
degli interventi comunali (PI). 
    Ne' possono invocarsi, a sostegno della disposizione regionale in
parola, le previsioni contenute nell'art. 16, comma 4-bis e comma  5,
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, in base alle
quali vengono fatte salve le diverse disposizioni delle  legislazioni
regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali. 
    La norma infatti e' evidentemente riferita  alla  disciplina  del
calcolo del maggior  valore  e  agli  obiettivi  cui  il  «contributo
straordinario» deve essere vincolato, stante la specificita' di  ogni
singola realta' territoriale. 
    Rimane, quindi, inalterato il principio in  base  al  quale,  per
quanto di interesse nel caso di specie, qualora si sia in presenza di
varianti urbanistiche con cambio di destinazione d'uso e'  dovuto  un
«contributo straordinario», in ragione del maggior valore generato da
interventi su aree o immobili. 
    Per  i  motivi  descritti,  le   disposizioni   regionali   sopra
evidenziate violano gli articoli 16 e 17 del decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 380/2001 che costituiscono principi  fondamentali
in materia di governo del territorio, ponendosi  cosi'  in  contrasto
con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    3. L'art. 20 modifica la legge regionale n. 55  del  31  dicembre
2012, introducendo un art. 6-bis, secondo cui:  «1.  Nelle  procedure
relative allo sportello unico per le attivita' produttive di  cui  al
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.   160/2010,   decorsi
inutilmente termini fissati dall'art. 7, commi 1 e  2,  del  medesimo
decreto  senza  che  il  responsabile  del  procedimento  presso   la
struttura  dello  sportello  unico  comunale  o  intercomunale  abbia
comunicato al richiedente il provvedimento conclusivo,  ovvero  abbia
attivato la conferenza di servizi di cui  all'art.  7,  comma  3,  il
richiedente puo' presentare  istanza  alla  struttura  provinciale  o
della citta' metropolitana competente in materia di  sportello  unico
per le imprese affinche',  entro  quindici  giorni  dalla  richiesta,
convochi una conferenza di  servizi  finalizzata  ad  individuare  le
modalita' per l'eventuale prosecuzione del procedimento. Le  medesime
procedure si applicano nell'ipotesi in cui, sensi dell'art. 8,  comma
1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 160/2010,  non  sia
stato comunicato l'avvio della conferenza dei servizi entro i termini
dell'art. 7, comma 1». 
    Detta disposizione introduce una deroga all'art. 7, comma  3  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 160 del 2010, ai sensi del
quale,  scaduto  il  termine  stabilito  per   la   conclusione   del
procedimento davanti allo sportello unico ovvero in caso  di  mancato
ricorso  alla  conferenza  di  servizi,  si  applica  la  regola  del
«silenzio assenso». 
    Infatti, suddetto decreto del Presidente della Repubblica  rinvia
all'art. 38, comma 3, lettera h), del decreto-legge n. 112  del  2008
(convertito con modificazioni nella legge n. 133 del 2008), in cui si
prevede che: «in caso di mancato ricorso alla conferenza di  servizi,
scaduto  termine  previsto   per   le   altre   amministrazioni   per
pronunciarsi sulle questioni di  loro  competenza,  l'amministrazione
procedente conclude in ogni caso procedimento prescindendo  dal  loro
avviso». 
    La modifica normativa introdotta dalla legge regionale  in  esame
determina quindi un aggravamento procedimentale poiche': 
        a) esclude l'applicazione della regola del silenzio  assenso,
che consentirebbe la chiusura certa del procedimento; 
        b) prevede l'attivazione di una conferenza  di  servizi,  non
per definire il procedimento ma per individuarne  «le  modalita'  per
l'eventuale prosecuzione». 
    Codesta Corte, con la sentenza n. 15 del 2010, ha riconosciuto la
disciplina in materia di sportello unico di competenza statale  e  ha
dichiarato che:  «Palese  e'  quindi  la  funzione  di  coordinamento
perseguita dalla normativa che  disciplina  compiti  e  funzionamento
dello "sportello unico per le imprese", attraverso la istituzione  di
un  procedimento  amministrativo  uniforme  volto  a  consentire   ai
soggetti  in  possesso  dei  requisiti   di   legge   la   intrapresa
dell'attivita'  economica.  Cio'  non  solo  al  fine  di  garantire,
attraverso  la   uniformita'   e   la   ragionevole   snellezza   del
procedimento, la maggiore trasparenza ed accessibilita' del  mercato,
si' da assicurare le migliori condizioni di concorrenza, ma anche  al
fine  di  dare  contenuto  al  precetto  di  cui  all'art.  41  della
Costituzione, il quale assegna, fra l'altro, alla legge  dello  Stato
il  compito  di  determinare  i  controlli  opportuni  affinche'   la
iniziativa economica, anche privata, sia coordinata a fini  sociali).
Da quanto affermato dalla Consulta si  desume  che  le  modifiche  da
parte della normativa regionale per le parti  di  competenza  possano
essere ritenute legittime solo se modificano in melius  la  normativa
statale prevedendo forme piu' avanzate di semplificazione». 
    La norma regionale in esame quindi, ponendosi in contrasto con le
disposizioni statali sopra  citate,  che  si  atteggiano  come  norme
interposte, viola  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  m),  della
Costituzione,  che  assegna  allo  Stato  la  competenza  legislativa
esclusiva in materia di determinazione dei livelli  essenziali  delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono  essere
garantiti su tutto il territorio nazionale e  con  il  medesimo  art.
117, secondo comma, lettera e) della Costituzione, che  assegna  allo
Stato la competenza in materia di tutela della concorrenza. 
    Conclusivamente, ritiene la Presidenza del Consiglio che le sopra
citate disposizioni, in quanto contrastanti con i richiamati precetti
normativi, contrastino con i principi di cui  all'art.  117,  secondo
comma, lettere e) ed m), e  terzo  comma  della  Costituzione.  Tanto
premesso, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come in  epigrafe
rappresentata, difesa  e  domiciliata,  chiede  l'accoglimento  delle
seguenti conclusioni.